mercoledì 3 aprile 2013

Architettura parametrica


Da Roma a Beijing





Come già detto a lezione, l’architettura parametrica non è una scoperta del nostro secolo come siamo abituati a pensare, anzi, fin dall’ antica Roma gli architetti e gli ingegneri studiavano e mettevano a punto tecniche di realizzazione degli edifici mettendo a sistema una serie di parametri strutturali e naturali al fine di ottenere un’opera “perfetta”.
Il confronto tra opere parametriche con e senza l’uso dei software, è un viaggio che parte dalla Roma antica, fino ad arrivare alla moderna, anzi, ala quasi moderna Pechino, mettendo a confronto i due Simboli delle due capitali.
Analizzando il Colosseo e il nuovo stadio di Herzog e De Meuron, con immensa sorpresa ho trovato non poche analogie, in entrambi vi è un importante attenzione alla visuale, derivata da un attento studio della geometria e della forma che l’edificio doveva avere per garantire la massima visibilità dal maggior numero di posti.
L’attenzione alla struttura e la complessità delle stesse, dal Colosseo con i suoi sotterranei e con i suoi sistemi idrici complessi, con i sistemi di copertura che sfruttavano l’esposizione e il soffio dei venti, fino ad arrivare alla complessa struttura della stadio, formata da una doppio sistema dunque di due strutture indipendenti: un grosso nucleo in cemento centrale e la struttura esterna in acciaio ad una distanza di circa 15 metri. Insomma, dal vecchio a nuovo mondo, il parametrico è riuscito a creare due grandi opere architettoniche, entrambe estremamente innovative e simili, nonostante appartengano ad epoche e mondi così diversi.






 

Kinetic Architecture





felix candela





 

















lunedì 18 marzo 2013

Crisi (Part II) Stephen Hawking





Crisi




La parola crisi mi ha subito fatto pensare a quanto, in realtà tutto attorno a noi è crisi, o meglio, e' in crisi.
Dallo sviluppo continuo delle nuove tecnologie che continuamente si evolvono, si scavallano, ci offrono strumenti che oggi pensiamo siano all'avanguardia ma che già da ieri sono stati sorpassati, alla realtà che ci circonda, alla società, fino ad arrivare ai pilastri della fisica e della matematica. La scienza scopre ogni giorno che ciò che si affermava qualche ora prima, e sul quale abbiamo basato anni di studio, probabilmente può essere messo in discussione. 
Una teoria molto affascinante e' quella di Stephen Hawking che riprende gli studi di Einstein e li rimette in discussione, crea una crisi. Una crisi che prevede la presenza di grandi buchi neri che attirano al loro interno particelle, atomi, energie accrescendo la loro forza gravitazionale fino a restituirla, in forma differente, perchè ciò che ne deriva è più della semplice somma delle parti.
l'idea di questa sorta di realtà parallela che attira a se, di questa immensa energia che unisce, mescola diverse entità per poi restituirle in forme diverse l'ho associato al percorso progettuale e al doppio  significato della parola CAVO. Perchè con cavo si può intendere una cavità , un contenitore, un grembo che mischia le nostre esigenze progettuali, le nostre idee, le resistenze e le soluzioni per generare un progetto, ma CAVO può anche significare fune, corda, filo, un filo che può tenerci legati al nostro passato e che può lasciarci lanciare nel futuro senza "rischiare troppo". 
Una delle cose che maggiormente mi colpiscono di Roma (e degli italiani) e' la paura di abbandonare il loro passato, non dico di cancellare Roma e le sue bellezze, ma il sistema città può andare in crisi se non si soddisfano le esigenze del presente, e soprattutto del futuro, ma si salvaguardano soltanto quelle del passato.  La crisi, secondo me, nasce dal passato (perchè si genera nel tempo, non e' immediata, matura), si manifesta nel presente, ma va risolta ed affrontata con un occhio al futuro!



Ad esempio se analizziamo come nei diversi paesi l'architettura moderna si e' sviluppata potremmo notare un grave problema. Se in Europa vince un'architettura che risolve le esigenza della propria società che si sta industrializzando, con forme geometriche, pulite, lineari, in America invece tutto e' più decorato.... in Iran ad esempio, nel mio paese, questo periodo rappresenta una forte crisi d'identità ed anche culturale, perchè c'e' stata una semplice emulazione delle architetture occidentali, senza tener conto della storia e delle tradizioni che ci caratterizzano, senza pensare che le esigenze di una persona che vive in Iran possano essere differenti da chi vive a New York!




Questo, ricollegandomi al significato di CAVO\FUNE, vuol dire tuffarsi nel futuro cancellando il passato e non rinnovandolo. Per questo penso che il progetto Tevere Cavo debba essere un punto critico e di crisi tra la Roma del passato e la Roma del futuro, che debba mixare, come in un grande buco nero temi come la mobilita', le nuove tecnologie, l'utilizzo di uno studio-laboratorio ibrido che usa materiali inconsueti nella tradizione del progetto, materiali biologici, anche viventi, quasi umani, che rispondano alle esigenze e ai continui cambiamenti, che utilizzi nuove forme di energie, poichè una delle prossime crisi sara' proprio quella energetica, e l'architettura ne deve assolutamente tener conto. 


 



La potenzialità dell'aspetto ecologico che migliori l'architettura urbana e che la inserisca al meglio all'interno del contesto che la circonda, non più come isole, ma come elementi che fanno parte di un sistema dinamico e partecipativo.




 















CRISI ( Part I )


Nuova soggettività.
L’architettura tra comunicazione e informazione.

L’utilizzo dell’informatica, del computer e quindi di nuovi strumenti innovativi all’interno dell’architettura ci pongono d’avanti ad una grande quesito, ovvero “quali saranno gli sviluppi dell’architettura nei prossimi anni?”
Come qualcosa di sublime, che ci attira e allo stasso tempo ci spaventa, qualcosa della quale vediamo le potenzialità ma che temiano, forse, di non poter gestire, comunque sia la Rivoluzione Informatica sarà un elemento innovativo e rivoluzionario, come dice la parola stessa, che ci aprirà ad un nuovo modo di fare architettura, liberandoci dalla gabbia fisica e concettuale che il movimento moderno ci aveva lasciato in eredità e aprendoci all’infinito mondo del possibile.
Tappe fondamentali di questo percorso sono l’inaugurazione della nuova sede del Bauhaus e della sua filosofia, che inneggia ad un architettura meccanicistica e che rifiuta drasticamente i concetti e le iconizzazzione (vedi concetto di cattedrale) che fin’ora avevano costituito la base del pensiero architettonico.
Questo movimento, che aveva esso stesso messo in crisi i valori e i paradigmi architettonici consolidati, fu scardinato a sua volta dalla crisi dei valori e dei concetti che l’avevano ispirato lasciando il posto ad un rientro di alcuni dei concetti messi da parte in quel periodo, partendo dall’Opera di Utzon, passando al Guggenheim di Bilbao o al museo di Libeskind.
Questo rientro dell’architettura vista come monumento, non più fine a se stesso ma come insieme, nodo, centro di informazioni ci mostra l’architettura sotto un’altra luce, quella della comunicazione, quindi non più il ‘cosa’ ma il ‘come’ comunichiamo attraverso l’architettura ed ovviamente lo strumento informatico ci permette di sfruttare e concretizzare al meglio idee che fino a qualche decennio fa erano impensabili e si inizia anche a lavorare negli interstizi, tra le cose, (in between) negli spazi residui che la meccanicistica architettura precedente ci ha poco generosamente lasciato sviluppando nuove connessioni e ibridazioni tra il costriuto e il nuovo.
L’informazione non deve essere una delle tante caratteristiche dell’architettura, ma deve essa stessa trasformarsi in architettura, e ciò che permette che ciò avvenga è la possibilità di interconnettere dinamicamente tra loro una serie di dati che possano, al variare di anche uno solo di loro, far mutare l’opera e far si che da questa nebulosa di dati possa essere creata la miglior architettura possibile.
L’interattività si muove su più livelli, uno più complesso che è quello fisico e del cambiamento fisico dell’opera, l’altro che unisce il reale e il virtuale, permettendoci di creare architetture effimere, temporanee ma con un forte impatto estetico e sociale, e l’ultimo che ci permette di far interagire le varie fasi, dalla progettazione all realizzazione.
L’orizzonte che l’intreccio delle informazioni ci apre ci permette di uscire da una logica legata al soddisfacimento dei bisogni “primari”, che giustamente si era fatto nell’epoca dell’industrializzazione poichè era quello di cui la società aveva bisogno, e si può sperare che ci si possa concentare più sui desideri!



domenica 10 marzo 2013

Multiple choice

A) Chi ha scritto il libro " the third wave " ?
1) Charles Bukowsk
2)Adolf Loos
3)Le Corbusier
4)Alvin Toffler
5)Dan Brown

B) A cosa serve il parallelo automobilistico tra " Ford T " e " Smart "
1) a mettere in evidenza l' evoluzione estetica nel settore automobilistico
2)ad esaltare i progressi della tecnica
3)a spiegare il cambiamento di valori e di bisogni della societa` cotemporanea rispetto quelli della societa` industriale
4)per far capire quanto siano piu` colorate le nostre vetture rispetto quelle dei primi decenni del novecento

C) Perch` l'edificio di holl ha il nome di una figura retorica " chiasma"?
1)perche' una volta entrati nell' edificio vi si creava un incrocio tra le fibre nervose costituenti i nervi ottici
2)perche' era un nome di impatto
3)perche' e' formato da due corpi intersecanti
4)perche' amava le figure retoriche
5)perche' amava la letteratura

D) Che cosa rappresenta l' Opera House di Sidney , descritta nell'articolo " La via dei simboli "
1)il primo simbolo creato dall'architettura moderna
2)un ingranaggio durante il suo funzionamento
3)uno stormo di gabbiano
4)la perfetta corrispondenza tra forma e funzione
5)le vele della Royal Australian Navy

E)Perche' parlando di modernita' si e' fatto riferimento alla Vespa?
1)in quanto capace di rinnovarsi ed essere sempre sulla cresta dell' onda
2)perche considerata di moda dai giovani
3)perche il suo design attuale e` frutto di una evoluzione di stili
4)rappresenta il superamento della crisi
5)per sottolineare i progressi della meccanica

La via dei simboli

L’architettura di Utzon si contrappone ad un filone, quanto mai attuale, di architetti che tendono ad impremere nell’opera progettuale il loro simbolo, la loro firma, affinchè ci sia quell’elemento di riconoscibilità, che spesso cade nel banale, che le distingua e che le renda attribuibili alla mente creatrice. La vera architettura “sa che opere diverse per scala e programma debbono avere risposte diverse.” Ed è grazie alla sua capacità di fornire risposte diverse che riesce a ricollorare nella giusta ottica il connubio tra simbolo e architettura. Sebbene l’utilizzo e lo scopo siano differenti, possiamo davvero dire che l’architettura monumentale abbia radicalmente cambiato il suo significato? La valenza che le viene attribuita? Non resta sempre un simbolo di potere? Si, ma non più inteso come simbolo individuale o individualistico, ma collettivo, non più monumento autocelebrativo, ma celebrativo di una comunità, che la simboleggia, che la identifica o che la accolga nelle varie funzioni che ha da offrire. Ed è proprio con Ghery che si ispira a Utzon che viene reinserita nell’architettura moderna, la possibilità di utilizzare nuovamente la simbologia. Probabilmente questa possibilità si è creata grazie ad una serie di fattori, proprio come una serie di più fattori sono stati necessari per far si che una personalità come Utzon sia riuscito a creare un’architettura ancora oggi così discussa, ammirata come l’Opera di Sidney. I fattori possono andare da quelli sociali a quelli che hanno caratterizzato Ghery e la sua formazione di uomo e di architetto, le opere dalle quali è affascinato, la sua concezione unica di architettura, la sua continua sperimentazione e ibridazione.
A mio avviso il fattore storico gioca un ruolo fondamentale, quasi come in una  piramide di Maslow, in cui non basta più che un edificio sia funzionale, deve dare qualcosa in più e se le grandi cattedrali medioevali ben rappresentavano le esigenze e la società del tempo, l’opera di Ghery altrettanto adeguatamente rappresenta la nostra società, senza giudicarla,  l’opera perfettamente inserita nel contesto ma allo stesso tempo fulcro e punto di rottura del ritmo della città, insieme di persone differenti, usi e costumi, l’opera che riflette ciò che la circonda, lo deforma e lo rende allo spettatore sempre in maniera differente,in infinite e inaspettate possibilità,  proprio come è oggi la realtà, differente e mutabile, quasi labile. Seppur si mantiene l’idea di MONUMENTO si esce dalla concezione tipologica e dal rigore che la parola stessa evocava, ampliandone il suo significato.


inizio

once.upon.a.time.,words.were.stars..
when.they.took.on.meaning.,they.fell.to.earth.